Pisa, ottobre 2007
Discorso del Vincitore del Premio Galilei
Magnifico Rettore, Presidente e Segretario della Giuria, Governatori e Presidenti del Rotary, Vicesindaco. Grazie per l’onore e per il piacere di essere qua oggi a ricevere questo Premio Galilei; devo dire che non posso non confessare il mio imbarazzo di scienziato nel ricevere un premio intitolato a Galileo: il senso di inadeguatezza mi prende assolutamente nel profondo. Ma voglio pensare che in realtà il Premio premi il contributo dell’immunologia, della disciplina che noi studiamo. Il contributo all’avanzamento delle conoscenze e al benessere dell’uomo su questo pianeta, un benessere che ci auguriamo di contribuire a migliorare e a condividere negli anni prossimi. Per me è un piacere parlare oggi, e spero di non farmi prendere dal piacere e quindi di superare il tempo che mi è stato dato; è un piacere per condividere con voi i nostri risultati, sempre insoddisfacenti, e soprattutto le nostre speranze, l’entusiasmo che c’è nei nostri laboratori. Parleremo quindi di immunologia, e mi aiuterò con delle diapositive. Una volta qualcuno mi ha detto che quello che distingue uno scienziato sperimentale da altre persone è il fatto di essere incapace di parlare senza uno schermo con delle diapositive alle spalle, e io appartengo alla categoria degli scienziati sperimentali. Quello che vedete qui è un bel fiore; spero che riusciate a vederlo perché è una splendida fotografia presa da Scientific American, da “Le Scienze”, da un articolo mio su “Le Scienze” divulgativo; questo fiore in realtà è un fungo: si chiama Aspergillus fumigatus. Nelle nostre Università, in particolare nelle nostre vecchie università italiane, è molto presente nelle nostre vecchie aule, dove c’è un po’ di polvere. Tutti lo respiriamo, nessuno di noi si ammalerà di aspergillus. Ma i bimbi con leucemia linfatica acuta, che vengono trattati con terapie aggressive che, ricordiamo, li guariranno per l’80%, o anche pazienti con cancro trattati con terapie aggressive, sono a grande rischio di morire se infettati da aspergillus fumigatus. Questo ci ricorda il fatto che noi abbiamo scoperto molecole importanti per la difesa contro questo fungo, che speriamo di trasferire alla chimica; questo ci ricorda che viviamo in un mondo microbiologico potenzialmente ostile e che il nostro equilibrio con questo mondo microbiologico che cambia è legato al fatto di avere un sistema immunitario efficiente. E vorrei mostrarvi due pazienti che illustrano l’efficienza del nostro sistema immunitario e anche i progressi che abbiamo fatto in questo campo. Questo non è un quadro pisano ma fiorentino; è il miracolo dei Santi Cosma e Damiano, che consiste nel trapianto della gamba di un nero in un bianco. E’ un miracolo che facciamo; non viene fatto in questo modo, scegliendo un nero, ma nella sostanza è quello che facciamo. Riusciamo, grazie al progresso delle conoscenze in immunologia, grazie al progresso nella capacità di controllare le reazioni indesiderate del sistema immunitario, a fare qualcosa che è “contro natura”, cioè a trapiantare organi in soggetti incompatibili. Non solo, ma qui abbiamo Reinhold Schmidt, che è un pioniere in questo settore; negli ultimi anni riusciamo anche a rivolgere queste difese così drammatiche nel rigettare gli organi; le riusciamo a dosare in una certa misura e a orientarle a colpire le cellule tumorali. Il prossimo paziente vi illustra qualcosa che non vorremmo mai succedesse. Questo è Caravaggio, “Amor dormiente”, di nuovo credo che il dipinto sia a Firenze, agli Uffizi. Nello spirito iconoclasta di Caravaggio questo “amor dormiente” è in realtà un bimbo che è morto, molto probabilmente, per una malattia autoimmune: in questo bimbo il sistema immunitario si è rivolto contro l’organismo stesso, con una malattia che colpisce le articolazioni – vedete le ginocchia gonfie –, l’artrite reumatoide giovanile. Un bimbo con il fegato ingrossato, alterazioni del cranio, ha problemi emorragici ed è probabilmente morto a causa della sua malattia. Ed io vi voglio ricordare che le malattie autoimmune colpiscono circa il 10% della popolazione. Sono una malattia “di genere”, quella che viene chiamata malattia di genere, adesso è un termine di moda: “gender”, è una malattia legata al sesso perché colpisce con drammatica prevalenza le donne, colpisce donne giovani in età fertile e ci pone come medici il problema di consentire a queste donne di avere bambini e di controllare l’effetto della gravidanza e della terapia sulla capacità di avere bambini e sulla salute dei bambini. Ebbene in questo campo abbiamo fatto qualche progresso; siamo sempre insoddisfatti, ma grazie alla ricerca immunologica abbiamo fatto dei progressi e negli ultimissimi anni gli studi su una famiglia di molecole che sono state citate nella laudatio in modo probabilmente incomprensibile a tutti, sulla famiglia di interleuchine-1, hanno consentito di sviluppare degli inibitori che consentono a bambini malati di artrite reumatoide giovanile di tenere la malattia sotto controllo, a bambini malati di malattie che chiamiamo autoinfiammatorie, le febbri ricorrenti, ritenuti ritardati, di tornare a scuola. Sono progressi importanti, che ovviamente ci lasciano sempre insoddisfatti rispetto al bisogno di conoscenza e di terapia che abbiamo. Questi progressi ci ricordano che il sistema immunitario è estremamente complesso; e probabilmente è stato casuale, ma certamente è stato appropriato che ci fossero un musicologo e un immunologo fianco a fianco. Il professor Schmidt ride perché noi spesso pensiamo al sistema immunitario come a una grande orchestra. Una grande orchestra in cui ciascuno deve suonare la sua parte; un’orchestra molto complicata, paragonata al sistema nervoso centrale per complicazione, che ha due parole chiave: una parola chiave è quella di riconoscere – riconoscere l’aspergillus, che abbiamo visto prima – e la seconda parola chiave è quella di comunicare: le cellule del sistema immunitario devono comunicare, e comunicano come facciamo noi esseri umani, cioè si toccano – ci siamo stretti la mano – e comunicano con parole come io e il Professor Lippmann abbiamo fatto; e queste sono parole molecolari che nel nostro gergo un po’ complicato e incomprensibile chiamiamo citochine. Ebbene la comprensione, il fatto che negli ultimi 10-15 anni la ricerca immunologica ha portato a capire quali sono queste parole, ci ha offerto gli strumenti per intervenire e per portare beneficio almeno a una parte dei pazienti che soffrono di queste malattie: quindi utilizziamo in clinica anticorpi che bloccano le parole che non andrebbero dette e che impediscono di toccarci quando le cellule è bene che non si tocchino. Dicevo che il sistema immunitario è estremamente complesso; la manifestazione più ovvia che vediamo la chiamiamo infiammazione. E l’infiammazione è nota da tantissimo tempo; questo è un glifo egiziano; io non ho strumenti critici, mi dicono che questo glifo egiziano in realtà è probabilmente la prima descrizione di una malattia infiammatoria. E’ un sistema molto complicato in cui le cellule devono arrivare al momento giusto e al posto giusto; e qui vorrei condividere un motivo di grande entusiasmo di questo anno per almeno chi di noi si occupa di un settore particolare. Quello che vedete qua, se il filmino funziona – così avete un’idea visiva di cosa facciamo nei nostri laboratori – è un globulo bianco che, vedete, si muove in mezzo ai globuli rossi e cerca quel puntino nero che è un microbo – poteva essere aspergillus. Ebbene negli ultimi venti, più o meno venticinque anni siamo passati dal vedere al capire che cosa guida il movimento di questo globulo bianco. E alla fine vedete, lo ha preso (chi ha scommesso che lo prendeva ha vinto). E abbiamo capito come funzionano le cose, cioè abbiamo individuato i segnali che guidano i globuli bianchi nel pattugliare il nostro organismo. Alcuni di questi segnali noi abbiamo contribuito a scoprirli venticinque anni fa studiando i tumori, che sono un po’ i corruttori dei nostri difensori, dei nostri poliziotti, e abbiamo identificato questi segnali che oggi chiamiamo chemochine che guidano il pattugliamento del nostro organismo da parte dei globuli bianchi. Vi dicevo che volevo condividere con voi questo entusiasmo di questo anno, perché noi all’inizio degli anni ’80 abbiamo contribuito – ed è menzionato nelle motivazioni – alla descrizione di questa grande famiglia di molecole delle chemotine – un lavoro su Scientist di venticinque anni fa -; ebbene, questo è l’anno in cui per la prima volta abbiamo un farmaco, approvato dalla Food and Drug Administration e dall’Emea, che è l’agenzia europea per il farmaco, che ferma i globuli bianchi, ferma i recettori dei globuli bianchi. Quindi questo è un motivo di grande speranza che nei prossimi anni ci siano farmaci che ci consentano di fermare i globuli bianchi quando vanno dove non dovrebbero andare e di guidarli dove dovrebbero andare a fare quello che dovrebbero fare. Queste dunque sono molecole, cellule in prima linea essenziali per la nostra sopravvivenza in un ambiente potenzialmente ostile, fondamentali per il nostro equilibrio con questo ambiente, ma causa di malattia quando questo equilibrio si rompe. E negli ultimi 5-7 anni ci siamo accorti che una varietà di malattie che pensavamo non avessero alcuna relazione con il sistema immunitario – pensate all’infarto del miocardio -, ebbene una quantità di malattie apparentemente non relate sono in realtà sostenute e amplificate da reazioni immunitarie e infiammatorie non appropriate. Alcuni dei media se ne sono accorti per cui utilizzo una copertina di Time Magazine, di un settimanale americano autorevole che con la capacità di divulgazione, di dare un messaggio ha intitolato in copertina “L’assassino segreto”. Questo assassino nascosto, che è nascosto in malattie diverse che vanno dal morbo di Alzheimer all’infarto del miocardio e ai tumori. I tumori sono malattie che prendono origine da alterazioni del genoma (quindi alterazioni genetiche sono alla base dell’insorgenza delle malattie) e costituiscono una situazione in cui il sistema immunitario non funziona, o non funziona come dovrebbe, o non funziona come vorremmo che funzionasse, e anzi, è stato detto nella motivazione del Premio, è ormai comunemente accettato dalla comunità scientifica che una parte del sistema immunitario aiuta e aumenta il rischio di malattie neoplastiche. Circa il 20% dei tumori umani sono causati o concausati da reazioni infiammatorie inappropriate (per esempio le malattie infiammatorie intestinali sono associate a un forte aumento del rischio di avere tumori). Cosa succede all’interno dei tumori? Succede che vengono reclutate con i segnali che abbiamo visto le cellule di difesa, le cellule che qua – per chi è interessato, questo è Scientific American di luglio ma è stato tradotto ne Le Scienze di settembre, cioè del mese scorso – queste cellule, questi “poliziotti” entrano nel tessuto tumorale ma lì vengono corrotte, e invece di svolgere il ruolo di difesa aiutano la crescita tumorale, aiutano la vascolarizzazione, forniscono il microambiente entro cui il tumore cresce meglio. Questa visione ha avuto, ha e, ci auguriamo, avrà ancora di più in futuro delle conseguenze di tipo terapeutico, nel senso che se fino ad oggi ci siamo orientati a colpire la cellula cancerosa, uno sforzo importante che viene fatto in tutto il mondo nei nostri laboratori è quello di colpire il microambiente, cioè cambiare l’ambiente. Di nuovo questa diapositiva in modo schematico vi ricorda che il cancro è successivo a eventi di tipo genetico, cioè di alterazione dei geni, ma è sostenuto da un microambiente infiammatorio che promuove la crescita, e qui stiamo cercando – noi e molti altri laboratori -, questa è la speranza che condividiamo con voi, speriamo di sviluppare terapie che colpiscano, e stiamo facendo i primi passi (è un cammino che è nella sua infanzia) ma i primi passi sono incoraggianti, con risultati clinici significativi. Ma il sistema immunitario, rispetto ai tumori, non è solo un sistema immunitario corrotto che aiuta la crescita tumorale ma è anche nuove terapie e nuovi metodi di prevenzione del tumore. E qui vi ricordo che questi sono gli anni in cui viene introdotto in clinica il secondo vaccino contro il cancro. Primo vaccino contro il cancro è stato il vaccino contro l’epatite B, che risparmia cancri del fegato in tutto il mondo, in particolare nei paesi più poveri, e vorremmo che fosse più utilizzato nei paesi più poveri, e il secondo vaccino contro il cancro è il vaccino contro il papilloma. Il vaccino contro il papilloma, la causa del cancro della cervice – vi ricordo che sono circa 250.000 donne morte all’anno, circa mezzo milione di nuovi casi all’anno, e che è la prima causa di anni di vita persa per le donne dei paesi poveri, come i paesi dell’Africa sub-sahariana. E’ stato un percorso lungo; il progresso scientifico ha delle fasi di accelerazione (quello che vi ho illustrato prima dell’artrite reumatoide giovanile è successo in un paio di anni, lo stesso per le febbri causate da meccanismi genetici) ma questo invece è stato un progresso lungo che ha richiesto più di trent’anni per arrivare ad un vaccino che ci auguriamo cambi la salute in meglio. E’ un’opportunità per cambiare in meglio la salute femminile sul pianeta. Questo è un risultato, e quali sono le grandi speranze? Innanzi tutto, sono gli anticorpi. Tutti abbiamo un’idea di cosa sono gli anticorpi; una scoperta della ricerca di base della metà degli anni ’70 si è tradotta prima in una rivoluzione silenziosa nella diagnostica, di cui nessuno si accorge ma che è alla base dalla terapia dei tumori, e ora in terapie nuove, terapie nuove nei linfomi, nelle leucemie, nel cancro della mammella, nel cancro del colon. In questo momento un terzo dei nuovi farmaci in sperimentazione sono anticorpi monoclonali, cioè sono il risultato di una grande scoperta dell’immunologia di base. E poi le cellule. Abbiamo visto le cellule camminare… Noi pensiamo, e cominciamo a fare i primi passi in questo senso, di poter “rieducare” le cellule corrotte, di poter fabbricare grandi quantità di cellule che vadano a colpire le cellule tumorali. Abbiamo la prova di principio che si può fare e si può fare in clinica, e di nuovo questo è un anno di grande entusiasmo perché per la prima volta le Assicurazioni degli Stati Uniti rimborsano una terapia cellulare. Questo richiede investimenti in cervelli, in uomini, in giovani, e investimenti strutturali perché abbiamo bisogno di fabbriche di cellule dove fabbricare queste cellule per usarle contro il cancro. E il terzo motivo di grande speranza è quello che vi dicevo, cioè colpire il microambiente, e di nuovo anche qua stiamo facendo i primi passi nel cancro del colon, nel cancro della mammella, nei mielomi, e è un motivo di grande speranza. Vorrei chiudere tornando da dove ho iniziato, cioè alle malattie infettive. In molti casi abbiamo le armi per combattere le malattie infettive, e il Rotary ha dato un esempio di questo con la sua attività di promozione del vaccino contro la polio. Vi voglio ricordare qualche numero: tutti gli anni muoiono circa 400.000 bambini di infezioni di gastroenterite da rotavirus, 700.000 bambini più o meno di infezione da pneumococco. Abbiamo la tecnologia per affrontare questi flagelli, e per salvare questi bambini c’è una iniziativa internazionale che si propone di fare 10 miliardi di nuove vaccinazioni nei prossimi 10 anni e salvare 10 milioni di bambini e 10 milioni di adulti, e io credo che stia a noi essere parte di questa grande impresa immunologica, come scienziati nel mio caso e come cittadini nel vostro. Il Premio è stato dato a me, ma è bene ricordare che in realtà è un premio al mio gruppo di ricerca, che è un gruppo come vedete di persone giovani in questo momento – perché la gente va e viene – un gruppo internazionale – perché circa il 30% dei giovani che sono in laboratorio vengono da 4 paesi del mondo, da tutto il mondo, da Europa e non Europa -, quindi vorrei trasmettere il fatto che il Premio sia stato dato a me è stato percepito dai giovani del gruppo come un riconoscimento a tutto il gruppo. Questo è il sentimento che abbiamo, cioè il sentimento di gioia che si ha quando si raggiunge una cima dopo una bella scalata, come in questo caso. Infine voglio ricordare che certamente è un riconoscimento alle istituzioni che hanno sostenuto la nostra attività di ricerca; l’Università degli Studi di Milano (sono professore dell’Università degli Studi di Milano ), innanzi tutto, l’ Istituto Mario Negri, presso cui ho svolto parte della mia carriera scientifica, le istituzioni inglesi e americane presso cui ho lavorato e, negli ultimi anni, l’Istituto Clinico Humanitas e la Fondazione Humanitas per la ricerca. Di nuovo, grazie per questo riconoscimento.