Pisa, ottobre 2008
Discorso del Vincitore del Premio Galilei
Ringrazio i Rotary Club d’Italia per aver istituito, con l’Università degli Studi di Pisa, il Premio internazionale Galileo Galilei per le scienze naturali, quest’anno 2008 dedicato alle scienze geografiche, e ringrazio la Giuria, in particolare ognuno dei suoi Componenti, per aver proposto di assegnarlo alla mia persona.
Ricevere oggi questo Premio è per me motivo di grande emozione ed onore. Mi piace però testimoniare che molti altri Geografi italiani, fisici e umanisti, nonché molti Insegnanti di Geografia delle Scuole italiane, meriterebbero premio analogo, per il loro impegno costante, attraverso la ricerca scientifica e la didattica, alla diffusione di una consapevolezza del rapporto degli uomini con il proprio ambiente: da conoscere, capire e rispettare, soprattutto al progredire ormai spesso frenetico della vita umana sul pianeta Terra.
Interpreto dunque questa scelta della Giuria specialmente come attenzione e consenso a quel tipo di lettura del nostro mondo, ormai condivisa a livello internazionale dalla maggior parte dei geografi, che non si limita, come per lungo tempo era stato, ad una corretta esplorazione e descrizione dei territori e degli abitanti, ma si impegna sempre, nella misura del possibile, anche ad una loro interpretazione e spiegazione.
Vorrei, in questa preziosa occasione, ricordare infatti come la Geografia, così intesa, sia per ogni uomo una grande risorsa per vivere e uno strumento significativo per capire la realtà; infine anche un congegno intellettuale e meta-politico importante per la coesistenza delle persone e dei popoli, nel rispetto reciproco e nella pace.
Geografia e Filosofia sono le scienze e le sapienze più antiche del mondo: nate insieme, hanno vissuto congiuntamente, non soltanto nella Grecia antica, ma anche nell’era moderna. Ad esempio, Emanuele Kant è stato, come è noto, anche uno dei più grandi geografi del suo tempo.
È impossibile leggere il mondo (da geografi) senza tutte quelle attenzioni che il filosofo pone nella sua ricerca sul senso stesso della vita. Infatti, pure nel geografo, è dal dubbio, dalla difficoltà di capire i popoli più vari, i più diversi paesaggi naturali e antropici che nasce il gusto della ricerca.
Qualunque uomo, quando ancora è infante, cerca qualche cosa al suo esterno con cui confrontarsi. Comincia con il seno materno, che è la meraviglia dei primi momenti della vita, il riscontro che vi è qualche cosa di importante e bellissimo fuori da sé. Continua poi, per tutta la vita, la progressiva appropriazione del mondo esterno, che proprio anche la ricerca geografica può esprimere e realizzare, per gran parte.
Alla geografia, come ad ogni cognizione umana, non è possibile ovviamente conoscere tutto, descrivere e capire tutto: di un territorio preso in esame o addirittura del mondo intero. Almeno si può però tentare di capire le atmosfere di uno specifico luogo, così come si cerca di coglierle nell’intenso racconto di un viaggio, che percorra quel territorio. Questo è Geografia: descrivere e cercare di capire cosa è un luogo e come gli uomini si sentono in esso: in Patagonia, oppure in Cina, ovvero nella ricchezza di una città americana o nella povertà di una bidonville africana.
La prima cosa che chiunque si chiede, allorché viva in un territorio o viaggi in Paesi lontani, è necessariamente: Qui, dove sono? La collocazione di ogni luogo sul pianeta Terra è sempre fondamentale, perché ogni singolo luogo è diverso dagli altri per posizione, morfologia e paesaggio climatico. Poi del luogo si cerca il nome, oppure gli si dà un nome. Non a caso la geografia è spesso dunque identificata con la cartografia e con la onomastica” target=”blank_”>toponomastica. La localizzazione del territorio e la attribuzione di un nome ai luoghi che lo connotano sono, però, soltanto il punto di partenza di ogni riflessione geografica.
Nella vera geografia vi è molto di più: la spiegazione (o almeno il tentativo di spiegazione) della realtà che essa descrive. In questo sta la sua ricchezza, il patrimonio che da sempre ha offerto agli uomini.
Galileo Galilei vedeva che i monti lunari proiettavano ombre diverse, a seconda delle varie ore della notte. Capì così che la Luna non era luminosa di suo, ma riceveva luce dal Sole, come la Terra. Era dunque quest’ultima che, insieme alla Luna, girava attorno al Sole e non viceversa. Galileo non si era limitato a guardare la Luna e a descriverla; aveva interpretato ciò che vedeva, aveva cercato di capire e di spiegare ciò che aveva osservato, e aveva fornito addirittura una prima chiave per la comprensione dell’Universo.
Alessandro Manzoni fu anche lui, a suo modo, un grande geografo. Nell’incipit dei Promessi Sposi guarda dall’alto, come da un satellite, il territorio del suo romanzo. Lo racconta con esattezza e insieme con poesia. Dopo aver descritto i due rami del lago di Como, si avvicina adagio al terreno sottostante della riva orientale; con uno zoom (e un progressivo cambio di scala geografica) arriva alla stradina dove Don Abbondio se ne sta camminando lentamente, mentre recita il breviario, e improvvisamente incontra i Bravi.
Manzoni non si ferma però alla descrizione di quelle realtà, ma dice subito qualcosa dell’animo di Don Abbondio, quali sentimenti si esprimono nel suo sguardo, nel modo di tenere il messale, nel modo di camminare. Quando poi incontra i Bravi, anche allora essi non sono soltanto descritti per quello che appaiono, ma anche per quello che c’è dietro la loro storia. Manzoni, proprio come un geografo professionale, utilizza addirittura il cambio di scala per rappresentare la realtà e interpretarla; usa scale diverse per descrivere e poi spiegare ciò che racconta.
La Geografia è questo: il tentativo di esprimere, rappresentare, descrivere il mondo a vari livelli, ma soprattutto di interpretarlo, spiegarlo, per quanto possibile, esattamente come ogni altra scienza cerca di fare per gli oggetti che le competono.
Poiché gli ambiziosi (ma inevitabili) oggetti della ricerca geografica sono il territorio, i suoi abitanti e il mondo intero, essi risultano particolarmente complessi; le loro spiegazioni non possono dunque mai derivare da esclusivo sapere geografico, ma anche da tanti altri saperi, cui i geografi ricorrono di continuo. Non per niente la geografia è così legata alla Storia, nonché a molte altre scienze e tecniche, che aiutano a trovare il senso di quanto la descrizione geografica propone.
La messa a fuoco, la curiosità, l’interesse di conoscere uno specifico territorio è il primo momento di ogni lettura geografica. Il secondo è una rappresentazione sintetica delle sue caratteristiche materiali e funzionali, sia in forma cartografica, sia mediante una descrizione fatta di parole, cifre, immagini. Infine è fondamentale una spiegazione (o decodifica) di quella sintetica immagine territoriale, per fornire le ragioni d’essere delle sue principali componenti fisiche e umane, la loro origine e causa, insomma il perché esse si presentano con quelle caratteristiche che oggi osserviamo, peculiari e diverse da quelle di qualunque altro territorio o ambiente umano del mondo.
Tutte le cose si tengono, nella realtà, l’una con l’altra. A queste continue e complesse connessioni fa appello la ricerca geografica, per spiegare ciò che, di volta in volta, è chiamata a descrivere. Pagine di Thich Nhat Hanh, monaco buddista vietnamita, muovendo da tutt’altro punto di vista, ricordano la connessione profonda che vi è sempre: tra sé e tutti gli altri, tra ogni cosa e tutte le altre dell’Universo, addirittura tra la pace interiore e quella tra i popoli, cui aspirano tutti gli uomini.
Quella connessione, continuamente ricercata dalla geografia (e dalla filosofia), giustifica e spiega anche il rispetto per ogni alterità da noi stessi, ogni diverso da noi. La riflessione geografica (come quella filosofica) è dunque una delle strade per giungere all’indispensabile gradino della conoscenza che precede il rispetto per l’altro da sè.
La grande avventura della esplorazione geografica è lontana dall’essere conclusa – ricordava Kofi Annan, durante un discorso alla Association of American Geographers – Ma in futuro ci dovremo avventurare anche in un paesaggio interno – quello delle carte che ciascuno di noi coltiva nella propria mente. Queste carte rappresentano gli ingredienti della nostra vita: le nostre strade, le famiglie e i nostri mezzi di sussistenza, le nostre simpatie e antipatie, le nostre convinzioni e i nostri pregiudizi.
La realtà viene infatti percepita in modo diverso da ogni uomo. Non vi è dunque una sola geografia, ma tante, diverse letture del mondo quanti sono coloro che lo percepiscono. Descrizioni e spiegazioni geografiche, nel rispetto per la varietà percettiva del reale, da parte di singoli uomini e di gruppi umani diversi, sono ormai presenti in gran parte della ricerca geografica mondiale, pur ancorata alle realtà visibili e misurabili.
La conoscenza in se stessa è fenomeno progressivo, e lo è anche quella geografica: del territorio in cui si vive e degli uomini che lo vivono, nonché di qualunque altro territorio. Da principio è un approccio diretto, poi quella conoscenza è sempre più mediata dagli insegnamenti di chi ha già avuto cognizione di quell’ambiente; ma anche da altre fonti: libri di scuola, cartelli stradali, giornali, mass media, Internet. Esiste un completo arsenale di strumenti per rendere possibile una migliore conoscenza del proprio ambiente e di qualunque altro ambiente.
Rendersi conto dei climi e della morfologia dei territori in cui gli uomini abitano o hanno abitato apre alla comprensione delle modalità del loro muoversi, vestire, alimentarsi. Conoscere quali tracce principali abbia lasciato su quei territori la storia del passato, aiuta a capire le eredità di cui i loro abitanti sono portatori. I caratteri demografici, economici e politici delle rispettive comunità sono altri elementi essenziali per giungere a capire la qualità della loro vita e paragonarla con la propria.
Questi elementi sono anche indispensabili per organizzare ragionevoli interventi sul territorio, evitandone stravolgimenti e salvaguardando i suoi valori essenziali. La geografia applicata alla politica territoriale e alla programmazione può precedere infatti quegli interventi, offre indispensabili valutazioni di impatto ambientale; dopo che l’intervento si sia concluso aiuta a valutarne conseguenze ed evoluzione. Una migliore attenzione geografica al territorio avrebbe evitato molti disastri ambientali nel mondo.
Avvicinarsi alla varietà del pianeta Terra e a quella, forse ancora maggiore, dei suoi abitanti è una sorta di bisogno innato e irresistibile per la maggior parte degli uomini. Quello sforzo di conoscenza non è però soltanto una ricerca di emozioni. È anche un bisogno di propria crescita interiore, attraverso una migliore comprensione del mondo esterno.
E’ un bisogno di rassicurazione psicologica, per agire al proprio esterno potendone valutare i caratteri essenziali, le diversità climatiche, morfologiche o culturali, i confini invalicabili, la ricchezza di risorse materiali e umane, i pericoli. Si viaggia per conoscere il mondo, ma anche per conoscere se stessi. Per la stessa ragione ha senso avvicinarsi alla geografia del mondo.
Costruire e rinnovare di continuo la conoscenza degli uomini e del territorio in cui viviamo nonché di quello in cui vive l’Umanità tutta è, in definitiva, anche un atto di simpatia (forse perfino d’amore) verso noi stessi. Lo è anche verso i nostri compagni di strada, nella straordinaria avventura della vita umana, che ci accomuna sul pianeta Terra.