Pisa, ottobre 2010
Discorso del Vincitore del Premio Galilei
Magnifico Rettore, signor Sindaco, Presidente, Segretario e membri della Giuria, Governatori e Presidenti del Rotary, colleghi e amici, signore e signori.
Vorrei per prima cosa esprimere la mia profonda gratitudine alla Fondazione Premio Internazionale Galileo Galilei, alla Giuria, e ai Rotary Club italiani per l’onore che mi è stato fatto con l’onorificenza del Premio Galileo Galilei per la Scienze della Terra. Ricevo questo premio con grande umiltà, consapevole della fiducia che mi è stata riposta dalla Giuria nell’avermi selezionato tra le molte personalità scientifiche presenti nelle Scienze della Terra in Italia.
L’oggetto dei miei studi è il Mediterraneo e la sua dinamica. Permettetevi dunque di presentarvi alcuni aspetti a me più cari.
Il Mediterraneo rappresenta uno dei siti chiave per lo sviluppo delle civilità. Nel Mare Nostrum l’attività umana ha intessuto il rapporto tra il mare e la terra, permettendo loro di dialogare, trasformando il bacino mediterraneo in un luogo di confronto, di scambio e di fusione di civiltà differenti. Per noi studiosi delle Scienze della Terra, Il Mediterraneo rappresenta una culla di conoscenza, dove le prime teorie sulle formazioni delle catene montuose, notoriamente la catena alpina, nonchè le prime mappe geografiche e geologiche sono sono state dipinte con accuratezza.
I popoli e le civiltà si sono adattati a vivere in questa terra, dove catastrofi naturali come terremoti, tsunami, frane e alluvioni ed eruzioni vulcaniche sono il riflesso di deformazioni attive. Questa convivenza ha reso il susseguirsi delle civiltà e popolazioni dinamico, rapido e impulsivo, accellerando il corso della storia e della cultura. Solo l’ostinazione delle genti e il forte attaccamento a questa splendida terra ha permesso di ricostruire dove si era distrutto in un susseguirsi di fiorenti civiltà.
La distribuzione della sismicità crostale del Mediterraneo da un’immagine immediata della vivacità di questa terra. Si diffonde in un area piuttosto ampia, aumentando di dimensioni e frequenza spostandosi verso il Medio Oriente. Scendendo a profondità maggiori, al di sotto di 30 km di profondità, si nota come la sismicità si localizzi essenzialmente al nucleo degli archi che caratterizzano il Mediterraneo: l’arco calabro, l’arco di Gibilterra, l’arco dei Carpazi, e l’arco ellenico. I dati geodetici rivelano il moto delle microplacche con grande precisione. La distribuzione delle velocità mostra un mosaico di microblocchi che si spostano in modo non congruente con l’avvicinamente relativo della placca africana verso la placca euroasiatica. Di particolar interesse il moto della microplacca anatolica che si sposta verso occidente ad una velocità di 2 cm-anno o il moto della placca Adriatica. Questi movimenti sono la causa dei grandi terremoti che affligono il Mediterraneo.
Quale è il motore di questa deformazione? Per meglio comprendere questi processi è necessario fare un tuffo nel passato. La ricostruzione da noi effettuata vede un oceano di età Giurassica che, compresso dall’avvicinamento della placca Africana verso la placca Eurasiatica, sparisce e “subduce” nel mantello della terra. La discesa di questo oceano “ligure” ha lasciato tracce in superficie, come le ofioliti sparse nelle colline toscane e liguri o i minerali di alta pressione in Toscana e in Calabria. La geometria della zona di subduzione ci viene rivelata nella sua completezza dalle indagini di tomografia sismica che permettono di definire, come per una TAC, aree ad alta e bassa velocità di propagazione delle onde sismiche. Il mantello nel Mediterraneo è costituito da aree a diversa velocità con un andamento che segue la distribuzione delle principali linee di sutura crostali. Le aree a più alta velocità sono correlabili a zone della litosfera in “subduzione” più fredda che affonda nel mantello. Al di sotto della Calabria, questo oceano ora può esser considerato come un piccolo brandello di una zona che una volta era molto più ampia. La discesa di questa massa oceanica fredda nel mantello induce dei moti convettivi. Gli esperimenti di laboratorio effettuati presso il Laboratory of Experimental Tectonics, dell’Università di Roma TRE, possono aiutarci a capire la complessità di questo processo, che viene accompagnato da un flusso vigoroso di materiale nel mantello terrestre. Le simulazione numeriche ci hanno inoltre permesso di arrivare a simulare, con grande precisione, quale può esser la geometria tri-dimensionale di questi flussi. Questi studi mostrano anche come il moto del mantello induca dei risentimenti superficiali, come ad esempio il moto della placca anatolica verso occidente o della placca adriatica verso nordest. Inoltre sembra altresì responsabile di moti verticali che possono causare sollevamenti e abbassamenti, che hanno originato gli altopiani anatolici e iraniani e parte delle catene iberiche. In sintesi, gli studi che stiamo effettuando ci aiutano a comprendere la dinamica di questa regione, rivelandoci che molti dei processi geologici osservabili in superficie, tra cui terremoti e vulcani, rappresentano il riflesso superficiale di processi che avvengono a profondità comprese tra 100 e 400 km nel mantello della terra. Stiamo dunque muovendoci verso la simulazione di un sistema complesso, il sistema terra, in cui processi profondi e superficiali interagiscono modellando il nostro pianeta. La conoscenza di questi meccanismi rappresenta un passo importante per la comprensione dei processi, anche catastrofici, che caratterizzano il Mediterraneo. Il successo di questi studi possono esser raggiunti attraverso una sinergia tra tutti i paesi che si affacciano nel Mediterraneo, dal Nord Africa al Medio Oriente assieme ai paesi balcanici e europei. Solo mediante una più vasta interazione tra questi paesi, attraverso progetti internazionali di ampio respiro, sarà possibile far fronte alle urgenze territoriali, dalle necessità idriche alla gestione delle risorse energetiche e ai rischi geologici che affliggono il Mediterraneo.
Permettetemi di concludere con un’ultima espressione di ringraziamento verso la Giuria (Sierd Cloetingh, Francois Roure, Paul Ryan, Stefan Schmid, Presidente e Segretario della Fondazione) per la fiducia che mi è stata dimostrata con il conferimento del premio Galileo Galilei e a tutti presenti per aver pazientemente ascoltato queste parole. Permettetemi infine di inviare un saluto particolare a Renato Funiciello, scienziato illuminato recentemente scomparso, a cui devo tutto il mio percorso accademico e a mio padre, Domenico Faccenna, illustre archeologo, che ha instillato in me il seme della devozione alla ricerca scientifica.
Ancora grazie per questo onore.