Pisa, ottobre 2023
Discorso del Vincitore del Premio Galilei
La sfida delle malattie neurodegenerative in una popolazione che invecchia.
Maurizio Brunori
Professore emerito di Chimica e Biochimica, Sapienza Università di Roma
Presidente emerito della Classe di Scienza FMN, Accademia Nazionale dei Lincei
Quando gli chiesero cosa pensasse della vecchiaia, il grande maestro del cinema René Clair rispose che “l’invecchiamento è una punizione perché ci priva del dono più prezioso della gioventù, l’immaginazione”. L’immaginazione, il vettore della creatività, è concepibile senza memoria? In assenza di ricordi, sensazioni, emozioni profonde da elaborare? Sarà forse questo il motivo per cui la perdita progressiva e irreversibile di memoria rende la malattia di Alzheimer un incubo, che conduce a demenza e ingravescente disabilità fisica.
L’Alzheimer è una di varie malattie neurodegenerative legate all’invecchiamento; oltre gli 85 anni un individuo è ad altissimo rischio (>30% secondo alcuni) di sviluppare l’Alzheimer. Dato che l’invecchiamento della popolazione è un fenomeno inarrestabile e l’aspettativa di vita nel mondo occidentale già supera gli 80 anni, il numero di malati di Alzheimer è destinato a crescere inesorabilmente. L’Alzheimer Association, istituzione benemerita fondata a Chicago nel 1980, stima che negli Usa il numero di malati di Alzheimer, attualmente 5,7 milioni, lieviterà fino a circa 15 milioni nel 2050, a meno di scoperte risolutive come fu la penicillina per le malattie infettive. La perdita progressiva ed estesa di memoria produce in un malato di Alzheimer distacco dalla realtà e dai familiari, situazione molto penosa e di difficile gestione.
Si potrebbe descrivere l’esistenza di un malato di Alzheimer con le parole di Eschilo nel Prometeo incatenato, quando descrive l’umanità prima del dono del fuoco: “…essi vedevano, ed era un vano guardare; ascoltavano ma senza udire; simili alle forme dei sogni trascorrevano la loro esistenza confusi e senza meta”. (Traduzione P. Boitani). Oltre alla pena per la perdita della vita di relazione, per i familiari di un malato di Alzheimer non più autosufficiente l’assistenza quotidiana è totalizzante. Dato che al momento non esiste una terapia specifica ed efficace nonostante i grandissimi progressi riguardanti l’assistenza nel quotidiano, la malattia ha rilevantissime conseguenze non solo sul piano umano ma anche economico. Negli Usa il costo per la collettività, attualmente corrispondente a circa 290 miliardi di dollari/anno, potrebbe lievitare nel 2050 a circa >1 trilione di dollari/anno; e per tutti i paesi avanzati le uscite sarebbero di questo ordine di grandezza. Questa enorme spesa, insostenibile per qualsiasi sistema di welfare, è uno dei motivi che ha suggerito alle Accademie del G7 di preparare e approvare un forte e puntuale documento scientifico volto a sollecitare interventi straordinari per controllare la crescita inarrestabile delle malattie neurodegenerative in una società che continuerà comunque a invecchiare; il documento, approvato all’unanimità, fu presentato ai capi di Stato e di Governo riuniti per il G7 del 2017.
Un secondo motivo assolutamente prioritario, riguarda la sfida intellettuale rappresentata dalla complessità del problema scientifico e del meccanismo molecolare/cellulare responsabile per l’insorgenza di queste malattie irreversibili della vecchiaia. Nonostante i notevoli progressi, non siamo ancora in grado di comprendere completamente la patogenesi di questa devastanti e sempre crescenti malattie degenerative che in futuro rischiano di sovrastarci.
Fibrille amiloidi visibili al microscopio ottico.
Oltre all’Alzheimer, si possono menzionare fra le altre malattie neurodegenerative incurabili, il morbo di Parkinson e la sclerosi laterale amiotrofica (SLA). Le varie malattie presentano dei quadri clinici differenti quali ad esempio i progressivi disturbi del coordinamento motorio nel morbo di Parkinson, o la SLA caratterizzata da perdita della motilità degli arti per compromissione dei neuroni motori. Nonostante considerevoli differenze nel quadro clinico, le malattie neurodegenerative hanno sorprendenti similitudini a livello cellulare e molecolare. L’esame microscopico del tessuto nervoso mostra la presenza di numerose fibrille (dette amiloidi) con una struttura definita e caratteristiche geometriche che sono in buona parte conservate (Figura 1). I biochimici hanno dimostrato che queste fibrille sono costituite da proteine associate nel filamento in modo ordinato: una struttura organizzata con geometrie definite. Ancora più interessante fu la scoperta che il tipo di proteina che forma la fibrilla amiloide è specifica per ciascuna malattia neurodegenerativa. Nel caso dell’Alzheimer, la proteina tau è intrappolata a formare fibrille all’interno del neurone, e il peptide Aß40/42 forma fibrille extra-cellulari; nel Parkinson la proteina intrappolata nelle fibrille è la α-sinucleina, e in una certa percentuale di casi della SLA è primariamente la superossido dismutasi.
Le proteine espresse nel nostro organismo sono deputate a svolgere tutte le molteplici complesse funzioni della cellula; e sono pertanto essenziali per la vita. L’enorme varietà di funzioni è affidata a proteine chimicamente differenti, ciascuna caratterizzata da una sequenza amminoacidica specifica codificata nel DNA; e una struttura tridimensionale specifica (la forma, detta fold in inglese) da cui dipende la funzione. In alcune condizioni una proteina si può “ammalare” con alterazioni che si manifestano in un cambiamento della struttura tridimensionale: la forma funzionalmente competente è perturbata e la proteina perde la funzione.
In condizioni normali, una proteina malata viene degradata nella stessa cellula in un continuo processo di riciclo fisiologico. Ma quando il meccanismo di pulizia chimica intracellulare comincia a mostrare dei deficit come avviene nell’invecchiamento, la proteina malata –detta misfolded- si rende disponibile per aggregarsi ad altre proteine malate dello stesso tipo e viene segregata nelle fibrille amiloidi che sono estremamente stabili dal punto di vista termodinamico e cinetico. Questo progressivo accumulo si associa a deficit funzionale ed eventualmente morte del neurone.
Scoprire che questo tipo di meccanismo biochimico è simile per tutte le malattie neurodegenerative è stato molto importante e ha aperto la strada a sperimentazioni originali che, pur non avendo ancora condotto alla scoperta di un farmaco efficace, promettono risultati innovativi. A titolo di esempio si ponga mente al fatto che la formazione della fibra amiloide per aggregazione di proteine malate richiede ovviamente il contatto fra diverse molecole, e questo evento è facilitato quando la concentrazione della proteina malata aumenta. Perché nella vecchiaia la presenza di proteine malate aumenta? Perché i meccanismi molecolari di pulizia delle scorie proteiche sono inefficaci nella vecchiaia? Quali sono le reazioni dannose che facilitano l’insorgere e/o il progredire della malattia? Uno studio del 2018 ha dimostrato che il controllo della pressione sanguigna riduce il rischio di demenza e deficit cognitivo; inoltre è riportato che alti livelli di colesterolo aumentano la rapidità di aggregazione dei frammenti Aß40/42; e ancora si è scoperto che nell’Alzheimer il trasporto intracellulare di proteine è alterato con aumento dei frammenti di APP per carenza funzionale di un cargo molecolare detto Retromero. Ma perché questo avviene nella vecchiaia? Sarebbe un gran progresso scoprire una molecola o un anticorpo che potesse contrastare la disfunzione del retromero.
La grande onda di Hokusai.
Le caratteristiche di questo tsunami neurologico globale e le conseguenze socio-economiche sono preoccupanti. La serietà del problema richiede una presa di coscienza responsabile e un’iniziativa globale che guardi al futuro, per scoprire le cause e i meccanismi molecolari di queste devastanti malattie e porre le basi per la scoperta di una cura efficace e specifica. Una decisione politica risoluta non è più rinviabile dato che l’invecchiamento della popolazione è un processo inarrestabile.
La prospettiva di una “epidemia neurologica” dilagante in quanto legata all’invecchiamento della nostra specie ha suggerito l’analogia con uno tsunami: una grande onda che si avvicina inesorabile, e che potrebbe avere effetti devastanti sulla nostra società in mancanza di scoperte innovative che possano rallentare o meglio invertire il fenomeno. La “grande onda” di Hokusai (Figura 2) è una metafora dello scenario presente: i marinai sono consci della grandissima potenza della natura, ma con calma e metodo si apprestano ad affrontare la grande onda con la prua della barca, per non essere travolti. All’orizzonte il sacro monte Fuji, simbolo di purezza e di intelletto, sembra ispirare il comportamento accorto dei marinai. Se sapranno operare con coraggio e intelligenza, saranno salvi.