Pisa, ottobre 2020
Discorso del Vincitore del Premio Galilei
Professor Paolo Maria Mancarella, Rettore dell’Università di Pisa, Dottor Michele Conti, Sindaco del Comune di Pisa, Professor Marco Mancini, Presidente della Fondazione Premio Internazionale Galileo Galilei dei Rotary Club Italiani, Governatore Letizia Cardinale del Distretto Rotary 2071, Professoressa Costanza Bonadonna, Signore e Signori.
Mi sento profondamente onorato di ricevere il Premio Galilei per la mia ricerca sulla Storia Economica Italiana e ringrazio sinceramente la Fondazione Premio Internazionale Galileo Galilei dei Rotary Club Italiani. Apprezzo molto il sostegno generale della Fondazione alla storia culturale e intellettuale dell’Italia. Grazie al Segretario del Premio Galileo Galilei, Professor Saverio Sani, e i professori Marco Guidi, Manuala Mosca, Paola Nardone e Gaetano Sabatini della Giuria del Premio.
Vorrei anche ringraziare i miei colleghi italiani che mi hanno aiutato. Sono troppi per nominarli tutti, ma vorrei riconoscere in particolare i professori Fiorenzo Mornati e Roberto Marchionatti dell’Università di Torino, a cui ho fatto visita durante il sabbatico per studiare la scuola paretiana. E vorrei anche ringraziare il professor Aldo Montesano, con cui mi sono incontrato all’Università Bocconi per discutere l’edizione inglese del Manuale di Economia Politica di Vilfredo Pareto.
Nella mia presentazione di oggi parlerò del’economia di Vilfredo Pareto, la sociologia di Pareto in relazione allo studio dei fenomeni economici e la scuola paretiana in Italia.
Se, agli economisti, si chiedesse che cosa sanno del lavoro di Pareto, le loro risposte tipicamente sarebbero su tre temi: la nozione di ottimo paretiano; la legge di Pareto sulla disuguaglianza del reddito; e l’ordinalismo, cioè l’introduzione di una teoria di scelta basata sulle preferenze ordinate. La mia ricerca ha considerato aspetti particolari relativi a questi tre temi, ma oggi parlerò solo del primo.
La nozione di ottimo paretiano è essenzialmente la tesi, nell’economia del benessere, che un massimo economico viene raggiunto nel punto in cui non è più possibile beneficiare almeno una persona senza danneggiarne un’altra. Il primo teorema dell’economia del benessere è che uno stato di equilibrio economico raggiunto sotto la libera concorrenza è un punto di ottimo paretiano. Pareto delineò questo teorema nel 1894 nel suo studio “Il Massimo di utilità dato della libera concorrenza”, anche se usò il termine “massimo economico” invece di “ottimo paretiano”; ma la sua dimostrazione del teorema era incompleta. La mia attività su questo argomento esamina la polemica tra Gaetano Scorza e Pareto. La polemica iniziò nel 1902 quando Scorza, un matematico che aveva studiato alla università di Pisa, rifiutò la validità del primo teorema dell’economia del benessere. Le mie ricerche in proposito hanno dimostrato che non è vero che Scorza e Pareto si fraintendessero a vicenda, come altri hanno suggerito, e hanno concluso che l’influenza di Scorza su Pareto era limitata. In breve, i due studiosi si capivano: Pareto alludeva correttamente agli errori analitici di Scorza ma, tuttavia, Scorza rimase poco convinto dal teorema a causa dell’analisi non dinamica di Pareto. Ma il risultato duraturo di questo scambio non sempre garbatamente accademico fu la giusta dimostrazione e prova di questo teorema, al livello di primo ordine, da parte di Pareto.
Quello che ritengo essere uno dei miei contributi più importanti allo studio dell’economia di Pareto riguarda il mio lavoro di collaborazione con Aldo Montesano, Alberto Zanni e Luigino Bruni, in Italia, e John Chipman negli Stati Uniti, sulla versione inglese dell’edizione critica del Manuale di Economia Politica di Pareto. Una nuova edizione paperback di quest’opera è stata pubblicata la settimana scorsa, con una nuova prefazione. Dato il prezzo modesto di questa edizione, spero che questo capolavoro di Pareto possa ora trovare il posto che merita fra i libri degli studenti del mondo anglofono.
Negli ultimi anni ho di nuovo collaborato con Aldo Montesano in uno studio sulla storia della Scatola di Edgeworth, un diagramma ben noto alla maggior parte degli studenti di economia. Il valore di questo studio sta nel fatto che la nostra storia di quel diagramma differisce notevolmente da quella presentata da studiosi eminenti come John Creedy, Mary Morgan e Thomas Humphrey. Per esempio, nel libro Famous Figures and Diagrams in Economics, nel capitolo di Creedy sulla Scatola di Edgeworth, Pareto non è menzionato. Da parte loro, Morgan e Humphrey hanno indicato che la Figura 1 del Mathematical Psychics di Edgeworth del 1881, è il primo diagramma della scatola di Edgeworth, solo che è disegnato come un grafico con assi aperti. Secondo loro, il contributo di Pareto si limitò principalmente all’aggiunta di assi paralleli per “chiudere la scatola”, e alla sua rotazione di 90 gradi per dare al diagramma il suo orientamento moderno. Utilizzando alcune idee tratte dagli studi utili ma in parte errati, di William Jaffé e Vincent Tarascio, Aldo Montesano ed io abbiamo confermato che la Figura 1 del Mathematical Psychics chiaramente non è una scatola di Edgeworth come la intendiamo oggi. Il primo diagramma di questo tipo, anche se manca una curva dei contratti, è stato disegnato da Pareto nel Manuale di Economia Politica. Forniamo poi un resoconto di come tale diagramma si sia evoluto negli studi di Pareto pubblicati prima del Manuale.
Nel corso delle mie ricerche mi sono anche dedicato ad alcuni degli aspetti meno noti dell’economia politica di Pareto, come, fra l’altro, le ragioni del suo rifiuto della teoria quantitativa della moneta, che Pareto delineò in un quaderno nel 1920 scoperto da Fiorenzo Mornati all’Università di Losanna (e da lui pubblicato nel 2005). In questo quaderno Pareto spiega perché egli non accetta la teoria quantitativa: la ragione è che a suo giudizio i fenomeni reali e i fenomeni monetari sono interdipendenti. Un cambiamento nella quantità di moneta non ha un effetto neutro sull’economia reale; la variazione può non avere un impatto sul prezzo di alcuni beni e un impatto differenziale sul prezzo di altri beni. In riferimento alla teoria quantitativa, Pareto scrive che “Si ha così una teoria compiuta, semplice, bella. Peccato che non sia troppo d’accordo coi fatti!” (2005 p. 264). Il mio contributo in proposito consiste nella presentazione di un confronto e contrasto tra Pareto, con il suo rifiuto della teoria quantitativa, e Pigou, con la sua accettazione di tale teoria.
La mia ricerca in corso è uno studio congiunto con il mio collega brasiliano Rogério Arthmar sugli scambi di lettere nel 1900 tra lo studioso svedese Gustav Cassel e Pareto sulla legittimità, o meno, dell’uso di funzioni continue nella teoria dell’equilibrio generale. Stiamo anche esaminando gli scambi epistolari indiretti, tramite Maffeo Pantaleoni, tra questi due studiosi su questo argomento. L’aspetto principale del tema dell’indagine è un confronto tra Pareto, che utilizzò un indice ordinale (per non avere una funzione continua di utilità), e Cassel, che non ne utilizzò nessuna funzione di utilità, perché quella funzione sarrebbe continua.
Passo ora a parlare della parte “sociologica” del fenomeno economico e della scuola paretiana in Italia.
Per introdurre i miei commenti su questo tema ,devo sottolineare prima di tutto che in Italia la scuola paretiana si è sviluppata secondo due linee fondamentali. Una prima linea riguarda i paretiani che hanno sviluppato l’economia di Pareto, e in generale l’economia matematica. Ad esempio, l’economia di Luigi Amoroso sull’equilibrio generale, la concorrenza imperfetta e gli aspetti dinamici dell’economia. Questa linea della scuola paretiana è strettamente economica ed è stata ben studiata dai professori Mario Pomini e Gianfranco Tusset, soprattutto in relazione allo sviluppo dell’economia dinamica.
I miei studi sulla scuola paretiana in Italia, però, sono in relazione alla seconda linea e si concentrano su quei paretiani che considerarono le parti economiche e sociologiche del fenomeno economico usando sia le teorie dell’economia che la teoria sociologica. Secondo Pareto, ci sono tre fenomeni economici che sono adatti all’analisi sociologica: la politica del governo sul commercio internazionale, la teoria della moneta e la politica del governo sulla finanza pubblica.
La posizione di Pareto per quanto riguarda questi tre casi è che alcune persone, o gruppi di persone, guadagnano, ed altre persone, o gruppi di persone, perdono. Con l’economia politica basata sull’azione logica, Pareto dimostrò che le ridistribuzioni extra-economiche finirono per portare alla ‘distruzione della ricchezza’, cioè a una riduzione del prodotto nazionale. L’importanza della sociologia dei fenomeni economici, tuttavia, è che si pone nuove domande. Ad esempio, per le azioni non logiche associate a una politica pubblica che ha come conseguenza una ridistribuzione extra-economica, si chiede se l’influenza sociologica aggravi la distruzione della ricchezza identificata dalla teoria economica. Se non lo fa, si chiede se l’influenza sociologica compensi la distruzione della ricchezza identificata dalla teoria economica, in parte, del tutto o in misura maggiore del tutto.
I paretiani che seguirono Pareto su questa linea tendevano a concentrarsi sulla sociologia della finanza pubblica ovvero sulla finanza sociologica. Il mio primo studio su questo tema è stato sull’importanza di uno scambio di lettere [nel 1917] tra Benvenuto Griziotti, un ex-studente di Pareto all’Università di Losanna, e Pareto stesso sulla questione dell’equivalenza ricardiana (cioè sulla proposta che le tasse e il debito pubblico siano economicamente equivalenti). Griziotti criticò il trattamento di tale proposta da parte di Antonio de Viti de Marco. A questo fine, Griziotti dimostrò che le condizioni necessarie per l’equivalenza sono troppo restrittive. Griziotti inviò il suo articolo a Pareto, che fu molto critico nella sua risposta perché l’analisi di Griziotti mancava la sociologia. Nelle parole di Pareto a Griziotti: “Non mi è mai capitato di trovare nessun contribuente che faccia i calcoli del Ricardo”.
Nella linea sociologica della scuola di Pareto, gli studiosi più importanti che svilupparono la finanza sociologica furono Gino Borgatta, in particolare col suo studio scientifico dei fenomeni fiscali di 1920, e Guido Sensini, nella sua serie di articoli scritti tra il 1917 e il 1932. I miei studi sottolineano però che, anche se d’accordo con Pareto sull’importanza della finanza sociologica, questi studiosi assegnarono all’economia della finanza pubblica un ruolo maggiore di quello che Pareto intendeva darle.
A partire dagli anni Trenta non ci furono nuovi sviluppi nell’approccio paretiano alla sociologia della finanze a causa della difficoltà di generare leggi determinate quando le azioni fiscali non sono logiche. Tuttavia, un aspetto importante dell’approccio sociologico all’economia che continuò fu l’approccio paretiano alla teoria dell’utilità sociale. Nel nostro studio di prossima pubblicazione, Rogério Arthmar ed io esaminiamo come i giudizi di valore siano trattati nella teoria del benessere di Pareto a partire dalle sue prime opere economiche fino alle sue riflessioni sociologiche sul benessere sociale collettivo. Esaminiamo il contributo di Pareto alla “nuova economia del welfare”, un approccio che John Hicks ha chiamato welfarismo economico; e consideriamo se il tentativo di Pareto di accogliere i valori di ogni singolo membro della società all’interno del suo approccio sociologico sia coerente con la concezione di Hicks del non-welfarismo. La nostra risposta al riguardo è negativa perché lo scienziato sociale che adotta la sociologia del benessere di Pareto è ancora obbligato a seguire una posizione che è eticamente neutrale quando si considerano i valori di altre persone, mentre lo scienziato sociale che segue il non-welfarismo di Hicks si può dare giudizi di valore quando dà consigli al governo.
Concludo questa presentazione ricordando che nell’ultimo articolo di Pareto, pubblicato sul Giornale Degli Economisti nel 1918, egli ci ricorda che “non c’è quasi nessun problema concreto che sia esclusivamente economico, e non economico e sociologico allo stesso tempo. Infatti, molto spesso la parte sociologica prevale sulla parte economica” (1918 p.733). Nelle mie ricerche sui paretiani in Italia ho cercato di dare un senso di come vengano trattati i fenomeni economici nelle parti economiche e sociologiche.
Grazie per la vostra gentile attenzione. È stato per me un onore poter discutere il mio lavoro con voi. E, importantemente, vorrie dire congratulazioni alla Professoressa Costanza Bonadonna.