Pisa, ottobre 2016
Discorso del Vincitore del Premio Galilei
Quando ho ricevuto la notizia del Premio Galileo era una grande sorpresa. Nessuno studioso in qualsiasi campo, conoscendo la ricerca di tanti bravi ricercatori, possa dire onestamente, “Si, sono ovviamente il candidato!” All’inizio mi sono rimasta veramente senza parole. Ma nell’ultima settimana, pensando di questo viaggio, la ceremonia, e tutti quelli che ci hanno fatto questo momento, credo che abbia trovato qualche parola. Prima, vorrei ringraziare la giuria – Marco Beretta, Massimo Bucciantini, Maria Conforti e Claudio Pogliano – il Presidente della Fondazione Antonio Pieretti e il Segretario del Premio Saverio Sani per la fiducia che hanno indicato nel mio lavoro come un contributo all’importanza d’Italia nella storia della scienza al livello mondiale. Spero che continui a fare cose che veramente meritano questo tipo di appoggio. Ringrazio anche il rettore, il sindaco, il presidente del Rotary Club di Pisa e i governatori del Distretti e tutti di voi per la vostra ospitalità incredibile e, senz’altro, la dottoressa Francesca Fiorentini che ha fatto tutto per la mia visita. Dalla mia esperianza, la ricerca non è mai un mestiere solitario. È fatta in conversazione con colleghi, amici, professori, studenti, studiosi morti e vivi; cosi’ vorrei ringraziare gli storici della scienza qui in Italia e altrove, e i miei studenti per la loro creatività intellettuale e generosità personale che mi inspirano. Il mio marito Jeff e la mia figlia Natalie non potrebbero venire – il cane, si, ma poi la Signora Fiorentini mi ha spiegato che un cane nell’ Aula Magna non vada bene, e così anche il cane sta in California! Senza famiglia il lavoro non conta per nulla, e il loro atto di amore è sempre incorraggiarmi a seguire le mie passioni storiche anche nei luoghi lontani. Invece sono venute la mia cugina Sara Campanello e una mia dottoranda Mackenzie Cooley, che sta facendo la sua ricerca in storia della scienza tra Italia e Spagna. Sono molto lieta festeggiare questo premio con loro. Chissà come le nostre passioni crescono? Al liceo l’idea che la scienza abbia una storia era inconcepibile per me. C’era la scienza – le discipline del presente con un occhio al futuro – e la storia, chiaramente presa dal passato. Ne amavo le due entrambi, vedendo loro come modi diversi di conscere il mondo. Ma non potevo immaginare l’incrocio. Andando all’università, ero ancora indecisa tra scienza e storia. Avevo già una passione per il Rinascimento, probabilmente grazie a uno spettacolo televiso su Leonardo agli inizio degli anni 70 e il fatto che sono mancina come lui con qualche aspirazione giovanile artistica! Era in quei anni che ho scoperto un mondo tra Leonardo e Galileo molto affascinante, una “scienza” prima della parola che sta per uscire, piena di possibilità, molto interdisciplinaria, senza un’idea fissa della fine perché l’idea del sapere fu il più grande esperimento di tutto. Da allora, cerco sempre di capire l’emergenza della scienza come un tema grandissimo della storia moderna. Durante il dottorato ho scoperto che la storia della scienza non fu soltanto una storia fatta dai nomi famosi come il nostro Galileo, ma anche una storia della evoluzione lenta e tortorosa delle idee, delle prattiche e delle istituzioni, piena di personnagi importanti nella loro epoca ma dimenticati subito dopo. Volevo riscoprire questa storia. Una di loro fu la fisica Laura Bassi, la prima donna di laurearsi in una disciplina scientifica nel 1732 e poi subito dopo di diventare una professoressa per più di 40 anni con studenti molti importanti come il suo cugino Lazzaro Spallanzani che ha detto semplicamente che diventò uno scienziato ascoltando alle sue lezioni in fisica sperimentale. Grazie alla mia passione per gli archivi bolognesi dopo il mio primo libro sullo sviluppo dei musei di storia naturale, ho scoperto Laura Bassi. E grazie a lei ho incontrato parecchie altre scienziate italiane del Settecento. La storia della scienza ha bisogno di questi esemplari – di che cosa significa avere una carriere scientifica come insegnante, esperimentatrice, madre e scrittrice quasi tre secoli fa. Ma la storia della scienza può anche illuminare altri aspetti del lungo cammino del sapere verso la verità, sempre pieno di sorprese e momenti inaspettati, una storia fatta non soltanto dalle grande scoperte ma anche dalle piccole storie della vita quotidiana della scienza e il rapporto tra scienza e società. Accanto a Galileo ci furono un migliaio di scienziati, prima della parola. Tutti di loro fanno un contributo al progetto difficile di capire la natura. Credo che la storia sia un’ottimo modo di portarli fuori dal buoio. Nascosto in ogni archivio c’è una nuova storia della scienza da scoprire. L’Italia, con le sue vecchie università, teatri anatomici, orti botanici (come questo a Pisa fondato nel 1543 grazie a Luca Ghini), gabinetti di fisica sperimentale, raccolte di cere anatomiche, la riccissima cultura civica in cui la scienza e la medicina hanno cresciuto, la cultura complicata di scienza e fede, e archivi splendidi come il Museo Galileo, è una miniera instancabile per noi storichi. L’Italia continua ad essere un luogo molto importante per far la storia della scienza, anzì per far la scienza, e sono sempre lieta presentare questo fatto all’estero. Ho spiegato come la mia passione per la storia e la scienza è diventato il mio mestiere come storica della scienza, ma non ho ancora spiegato perché l’Italia. Nonostante il mio cognome sono italo-americana. Avevo nonni materni italiani da un paese nel Lazio chiamato Carpineto Romano e ho ancora molti cugini qui in Italia. Nell’epoca in cui ho scoperto Leonardo e Galileo, avevo anche un grande desiderio d’imparare l’italiano come lingua per tutte le ragioni classiche della seconda generazione – una nonna che non parla bene inglese e sembra da un vecchio mondo negli occhi di una ragazza americana, le lettere di cugini che arrivano a casa, e altre cose da capire da quest’Italia povera degli immigranti che ha poi creato figli americani come la mia mamma che furono tra i primi di andare all’università, anzi di finire scuola media. I miei altri nonni, americani e canadesi, ebbero anche la loro esperienza dell’Italia – ma non l’Italia povera degli anni 20 e 30, perche furono qui negli anni del Boom. Tra 1957 e 1963 hanno vissuto a Via Nomentano a Roma, grazie al lavoro del mio nonno con il Dipartimento di Agricultura. Lui è stato assignato da Washington a Roma come l’attaché agricolo per il piano Marshall (fu un rotariano mi sono appena ricordato!). La loro Italia sembra un sogno preso da un film di Cinecittà – brillante, dinamica, bellissima, piena di personaggi, incontri e ricordi affascinanti. Mi chiedevo spesso come mai queste due Italie furono lo stesso paese. Dovevo venire. Durante liceo quando ho provato a venire con il programma della Fondazione Rotary, mi hanno spiegato che era impossibile. Negli anni di piombo la Rotary vicino a casa mia ha deciso che l’Italia fu troppo pericoloso per noi giovani. Qualche anno dopo sono venuta, prima per perfezionare il mio italiano a Siena e poi con una borsa Fulbright per cominciare la mia ricerca per il dottorato tra Bologna e Roma. Oggi vorrei ringraziare il Rotary italiano per dirmi che era assolutamente importante per me venire in questo paese, nonostante la paura del Rotary newyorkese che sarei stata rapinata dalla Brigata Rossa a 16 anni! Grazie infinitamente per quest’onore e quest’esperienza bellissima di Pisa. Assolutamente per caso, sto finalmente studiando Galileo, dopo molti anni di evitare questo gigante di storia della scienza. Esattamente 400 anni fa il nostro matematico pisano ricevè le brutte notizie che il libro di Copernico fu messo sull’Indice dei libri proibiti. Fu un momento critic per lui e la sua lotta per la verità. Gli argomenti importanti come questo meritano sempre una nuova prospettiva. Spero di farlo con i miei colleghi nei prossimo anni. Grazie di nuovo!