Pisa, ottobre 2023
Discorso del Vincitore del Premio Galilei
Magnifico rettore, gentili membri dei Rotary-Club italiani e della giuria del Premio Galileo Galilei, cari colleghi, amici e ospiti
Sono molto felice di poter godere oggi dell’ospitalità della vostra venerabile Alma mater. Visto che avete scelto per la sezione umanistica del Premio Galileo Galilei uno studioso che insegna linguistica e filologia italiana in Germania, vorrrei utilizzare i prossimi 20 minuti per darvi una breve panoramica degli studi italianistici nelle università tedesche e delle mie priorità di ricerca.
1. I primordi
La sofisticata ricchezza della cultura italiana ha sempre affascinato i suoi vicini europei, ed è nella natura delle cose che anche la lingua italiana abbia attirato particolare attenzione. Molto prima della fase scientifica della ricerca linguistica, la straordinaria creatività degli antichi volgari e soprattutto del toscano-fiorentino, la «translatio studii» della cultura antica tramite i numerosi volgarizzamenti, le vivaci discussioni intorno alla «Questione della lingua» e le attività dell’Accademia della Crusca offrirono una panoramica impressionante per qualsiasi spettatore europeo.
Inizialmente però la lingua italiana divenne oggetto di studio fuori d’Italia piuttosto per ragioni pratiche che culturali. Furono infatti gli antichi rapporti commerciali a spingere i vicini d’Oltralpe a imparare la lingua italiana almeno in maniera rudimentale. I più antichi glossari italo-tedeschi destinati a scopi pratici che ci sono stati tramandati risalgono al Trecento.
Due secoli dopo, a partire dal Cinquecento, lo studio dell’italiano divenne una vera e propria moda soprattutto per i membri dei ceti più agiati che cercavano, per il tramite della lingua, di immergersi appieno nella ricca cultura dell’Italia. Come conseguenza l’italiano trovò presto un posto stabile anche nelle istituzioni accademiche dell’epoca. Furono pubblicati innumerevoli manuali, grammatiche e dizionari a scopi didattici a cura degli antichi «maestri di lingua», i predecessori degli odierni lettrici e lettori universitari. Le tradizioni italofile raggiunsero un culmine nel Settecento a Weimar in Turingia, la città di Goethe e di Schiller, con le attività dei bibliotecari ducali Christian Jagemann e Carl Fernow. Verso la fine del secolo, all’epoca del famoso viaggio in Italia di Goethe, fu stampato anche un settimanale in lingua italiana, la Gazzetta di Weimar, di contenuto soprattutto politico e culturale.
2. Le prime fasi dello studio scientifico dell’italiano
Gli studi più propriamente scientifici dell’italiano si affermarono nei paesi germanofoni solo a partire dall’Ottocento. Gli esordi si collocano nell’ambito della giovane «romanistica» che aveva come obiettivo centrale la ricostruzione dello sviluppo storico delle lingue romanze. Nelle grammatiche e nei manuali dell’epoca, l’italiano appare come parte integrante del canone romanzo, ma non ancora come oggetto di studio a sé stante. Gli studi storico-comparativi e la ricerca etimologica panromanza raggiunsero il loro apice con le opere dello svizzero Wilhelm Meyer-Lübke, le cui attività si estesero fino agli anni ’30 del Novecento. A partire dalla seconda metà del secolo il potenziale innovativo di questo approccio si è poi sostanzialmente esaurito.
3. L’emancipazione dell’italianistica dagli studi romanistici
In questo periodo, come in tutte le scienze, anche negli studi linguistici divenne evidente la necessità di ulteriori specializzazioni. A causa dell’aumento esponenziale dei materiali empirici e della forte crescita delle pubblicazioni, le analisi linguistiche non potevano più essere condotte con la necessaria profondità e acribia su più lingue contemporaneamente.
Inizialmente, l’ingresso nell’età moderna della linguistica italiana in Germania si rivelò piuttosto arduo. Inevitabilmente gli impulsi decisivi per il rinnovamento metodologico e tematico sono venuti in un primo momento soprattutto dall’Italia e dalla Svizzera, cioè dai paesi in cui l’italiano gode dello status di filologia nazionale e può perciò beneficiare di un’infrastruttura di ricerca molto più sviluppata. La decisiva svolta nella storia recente della linguistica italiana fu segnata dagli studi dialettologici di Graziadio Isaia Ascoli che, con l’attenzione alle varietà parlate, dialettali e regionali e con la creazione di uno strumentario metodologico differenziato, aprì un campo di ricerca completamente nuovo. Gli obiettivi tradizionali della linguistica, orientati soprattutto alle testimonianze scritte o addirittura letterarie, perdevano sempre più terreno a favore della viva realtà del linguaggio quotidiano, fino ad allora spesso emarginato e disdegnato. Nella seconda metà del Novecento, tale cambio di paradigma portò alla nuova sottodisciplina della linguistica variazionale, che unisce in sé approcci geolinguistici, sociolinguistici, pragmalinguistici e diasistematici.
Tutte queste attività hanno trovato un’eco duratura anche nel mondo germanofono. Un monumento della dialettologia italianistica in Germania sono i tre volumi della Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti, scritta nel primo dopoguerra in lingua tedesca da Gerhard Rohlfs, allora professore a Monaco di Baviera. La base empirica della Grammatica era costituita soprattutto dai dati del grandioso Atlante linguistico italo-svizzero, AIS, realizzato dagli svizzeri Karl Jaberg e Jakob Jud, a cui Rohlfs aveva collaborato come esploratore.
Sia la dialettologia che la linguistica delle varietà mettono in evidenza i profondi mutamenti che all’epoca si sono verificati nei contenuti e nelle prospettive della ricerca linguistica. Agli albori della Romanistica era ancora possibile anche ai maggiori corifei della materia svolgere il proprio lavoro sostanzialmente alla scrivania del proprio studio, senza entrare in contatto diretto con la realtà quotidiana delle lingue. Oggi ciò non è più concepibile. Ogni attività di qualche ambizione richiede una fitta rete di collegamenti internazionali.
4. La ricerca storico-lessicale nei paesi di lingua tedesca
Un altro settore importante degli studi italianistici in Germania, che unisce contenuti e metodi vecchi e nuovi, è costituito dalle ricerche sulla storia delle parole e, anzitutto, dalla lessicografia storica. A tali iniziative spetta un ruolo particolarmente importante anche dal punto di vista della storia intellettuale, poiché nel lessico di una lingua, evolutosi nel corso di secoli e di millenni, si condensano i sedimenti della storia culturale umana. Grazie agli strumenti metodologici della lessicografia storica siamo in grado di realizzare, sulla base dei dati empirici, un’analisi retrospettiva delle tappe più significative della formazione delle nostre culture. Nell’ambito degli studi romanzi, il potenziale euristico di tali indagini è insolitamente grande, visto che la preistoria e la storia delle lingue romanze sono osservabili per un periodo di oltre due millenni, dalle loro lontane origini latine fino ai tempi moderni.
L’idea di un’indagine congiunta di storia lessicale e storia culturale è inerente anche al Lessico Etimologico Italiano conosciuto con la sigla LEI, che è il primo e unico dizionario storico-etimologico generale dell’italiano che viene realizzato fuori d’Italia. Il fondatore e spiritus rector è stato per decenni lo svizzero Max Pfister, che aveva ideato il progetto più di mezzo secolo fa nell’anno 1968. Anche lui ha vinto il Premio Galileo Galilei dei Rotary italiani, esattamente 30 anni fa, nel 1993, e mi ricordo molto bene che fra le tante sue onorificenze per questo premio provò un orgoglio del tutto particolare. Io ho gestito il LEI per molti anni insieme a Max Pfister e i preziosi ricordi dello studioso straordinario e del caro amico resteranno per sempre. Dopo la sua scomparsa nel 2017 ho avuto la fortuna di trovare con l’amico Elton Prifti un degnissimo successore con cui oggi condivido la responsabilità della gestione del progetto.
Il Lessico Etimologico Italiano, che attualmente comprende ventidue volumi, consultabili anche in versione digitale, è uno dei «fari» della lessicografia europea. È il primo dizionario della lingua italiana in assoluto che tiene conto dell’insieme dei dialetti e che fornisce, oltre alle discussioni etimologiche, anche una documentazione tendenzialmente esaustiva della storia delle parole.
Una caratteristica particolare della struttura del LEI risiede nel fatto che accanto alla parte centrale dei cosiddetti «latinismi» sono previsti volumi separati per il lessico che proviene da altre lingue. Si presentano quindi due filoni abbastanza diversi della storia lessicale. I volumi che si concentrano sulle vicende del lessico dell’antichità greco-latina rendono in primo luogo testimonianza del preminente ruolo dell’Italia come protagonista della cultura rinascimentale e della storia intellettuale europea. Tale dimensione più lineare e «verticale» delle tradizioni lessicali viene poi completata dalla documentazione degli influssi lessicali emersi sulla scia delle complesse interrelazioni a livello politico, religioso, mercantile e intellettuale che l’Italia intrattenne nel corso dei secoli con altre culture. Ultimamente è iniziata la pubblicazione degli orientalismi in cui entrano in gioco i tanti prestiti di epoca medievale e rinascimentale individuabili nelle traduzioni di testi scientifici del mondo arabo e persiano, nei resoconti dei pellegrini in Terra Santa, nelle cronache dall’Impero Ottomano o nelle relazioni degli onnipresenti ambasciatori veneziani. Anche negli avvenimenti storico-culturali in cui all’Italia non spettava un ruolo di protagonista – sia nella conquista del nuovo Mondo che nelle relazioni commerciali con l’Asia dopo la circumnavigazione del Capo di Buona Speranza – furono sempre coinvolti, per interessi mercantili o altro, almeno singoli attori italiani i cui resoconti forniscono suggestive impressioni delle realtà straniere.
Va da sé che un’iniziativa del calibro del LEI non sarebbe realizzabile senza una stretta collaborazione a livello internazionale. Nel corso degli anni e dei decenni si è sempre svolto un intenso scambio di idee con colleghe e colleghi italiani ed è stata creata una fitta rete di contatti con istituzioni e atenei italiani ed europei. Sin dall’inizio il LEI funge anche da centro di formazione per studenti, dottorandi e ricercatori italiani.
5. Conclusione
Arrivo alla conclusione. In Germania gli studi italianistici hanno cominciato ad emanciparsi dall’impostazione panromanza nel corso del Novecento. Il tradizionale continuum quieto della ricerca germanofona ha ceduto gradualmente il passo alla ruvida realtà del confronto con la filologia nazionale. Le sfide imposte da questa nuova costellazione sono in atto ancora oggi. Va da sé che gli studi italianistici in area germanofona non sono più in grado di competere su tutta la linea con la filologia nazionale italiana, e certo non di dettare la linea, come avveniva nei primi tempi della romanistica ottocentesca. L’obiettivo consiste invece nel tenere il passo con la ricerca italiana e, possibilmente, nel fornire impulsi rilevanti.
Anche in futuro rimarrà indispensabile per gli studi italianistici in Germania il sostegno individuale e istituzionale da parte dell’Italia. Uno splendido esempio di questo genere sono le pluridecennali attività della Fondazione del Premio Internazionale Galileo Galilei dei Rotary Club Italiani congiuntamente con l’Università di Pisa, e posso parlare a nome di tutta la comunità degli italianisti tedeschi quando vi esprimo la mia viva gratitudine.
Vi ringrazio per la vostra gentile attenzione.
Bibliografia sommaria: Wolfgang Schweickard, Sviluppo storico e situazione attuale della “Romanische Philologie” in Germania, Zeitschrift für romanische Philologie 132 (2016), 922–937; Id., Problemi e metodi della lessicografia etimologica, in: Patrizia Cordin/Alessandro Parenti (edd.), Problemi e prospettive della linguistica storica. Atti del XL Convegno della Società Italiana di Glottologia (Trento, 22–24 ottobre 2015), Roma, Il Calamo, 2016, 93–109.